Per non avere alcun dubbio sul focus di quello che è il secondo rapporto di Legambiente (il primo del 2022), il sottotitolo recita esplicitamente “Gli ostacoli normativi, burocratici e culturali che frenano la transizione energetica in Italia“.
A giudicare dall’effettivo andamento e dalla quantità di nuove autorizzazioni concesse per nuovi impianti, c’è da attendersi che i questo rapporto vedrà ulteriori versioni negli anni a venire.
Nonostante sia chiara la necessità di un riordino normativo e di un adeguamento alle sfide energetiche, climatiche e sociali attuali, così come l’urgenza di sviluppare nuove tecnologie e di coinvolgere i territori nella ricerca delle strategie per il raggiungimento degli obiettivi climatici, il dibattito pubblico viene considerato uno strumento importante per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti e accelerare i processi autorizzativi. Tuttavia, si evidenzia come ci sia una scarsa considerazione da parte del Governo.
Ma entriamo nel dettaglio di alcune importanti questioni sottolineate dal rapporto.
Le 44 storie raccontare in queste due edizioni del Rapporto mettono in evidenza una strada lunga da percorrere. Le Linee Guida ferme al 2010 e gli interventi normativi frammentati non bastano più. Serve un riordino, un aggiornamento e un adeguamento rispetto alla sfida energetica, climatica e sociale che abbiamo davanti.
Si deve realizzare un Testo Unico che semplifichi gli iter di autorizzazione degli impianti, definisca in modo univoco ruoli e competenze dei vari organi dello Stato, dia tempi certi alle procedure. Un testo che dovrà essere in grado di rispondere al nuovo scenario energetico che dovrà evolvere verso la configurazione di nuovi paesaggi energetici risultato dell’inserimento armonioso nel paesaggio degli impianti e delle opere connesse necessarie.
Non solo, ma vista l’urgenza di sviluppare le diverse tecnologie, è necessario non solo che quanto previsto dall’articolo 20 del Decreto Legge del 24 febbraio 2023, numero 13, ovvero che La Soprintendenza speciale esercita le funzioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici nei casi in cui tali beni siano interessati dagli interventi previsti dal PNRR, adottando il relativo provvedimento finale in sostituzione delle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio, avvalendosi di queste ultime per l’attività istruttoria” sia allargata anche a tutti i progetti necessari al raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima.
Ma anche potenziare e rafforzare, con risorse adeguate, gli uffici tecnici regionali dai quali non solo passeranno la maggior parte dei progetti, ma necessitano di strumenti e competenze per migliorare e rafforzare la capacità amministrativa. Anche il mio miglior progetto, se calato dall’alto, rischia, infatti, di non vedere la luce.
Il dibattito pubblico, oggi sotto attacco attraverso gli articoli 39 e 40 della proposta di modifica del Codice degli Appalti che dovrebbe essere approvata a giorni, è uno strumento strategico non solo per migliorare l’accettabilità sociale dei progetti, che attraverso il protagonismo dei territori possono essere migliorati, ma anche per accelerare i processi autorizzativi ed evitare contenziosi inutili.
Invece di depotenziare uno strumento così importante – dimezzando i tempi della fase “partecipativa”, eliminando la Commissione Nazionale e la possibilità di partecipazione per i singoli cittadini, solo per citare alcune delle criticità – ci sarebbe bisogno di rafforzare lo strumento, abbassando ancora di più le soglie dimensionali per far rientrare anche gli impianti da fonti rinnovabili come quelli eolici, agrivoltaici e a biometano.
Urgente inoltre completare l’iter normativo, non solo per quanto riguarda i grandi impianti attraverso l’emanazione del Decreto FER2, ma anche per i più piccoli con la pubblicazione dei nuovi incentivi per le comunità energetiche rinnovabili di cui tutto il Paese è in attesa. Un ritardo che pesa enormemente sullo sviluppo delle diverse tecnologie.
Altro strumento necessario è una cabina di regia di livello nazionale per l’eolico off-shore che abbia non solo il compito di identificare le aree idonee per lo sviluppo di questi progetti ma anche di coordinare la loro presentazione cercando di evitare eccessive sovrapposizione delle iniziative e semplificando i procedimenti autorizzativi.
Urgente anche la necessità di fare una giusta e corretta informazione, con grandi e importanti campagne di sensibilizzazione per contrastare le ormai ricorrenti fake news fornendo ai territori maggiori e migliori strumenti per comprendere e valutare i progetti e collaborare al loro possibile miglioramento. Ovvero trasformare il processo di opposizione in un processo costruttivo e collaborativo che miri a ridurre le opposizioni e le lungaggini da queste derivate e a trovare le migliori soluzioni possibili per questi impianti.
Valutazioni che devono trasformarsi in occasioni per portare vantaggi diretti alla popolazione. Perché se è vero che gli obiettivi di decarbonizzazione si raggiungono solo attraverso il cambio radicale del sistema energetico – da fossile e centralizzato a rinnovabile e distribuito – è anche evidente come questo possa essere raggiunto solo attraverso un vero e costruttivo protagonismo dei territori.