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Tecnologia e target ambientali spingono il cambiamento nelle Energie Rinnovabili e in Italia arrivano segnali incoraggianti da istituzioni e operatori. Ora stop ai “compartimenti stagni”.

Stiamo davvero entrando in una seconda o terza fase del processo di trasformazione dei mercati energetici italiani? La prudenza non è mai troppa, ma i segnali di questi ultimi tempi sembrerebbero indicare una progressiva presa di coscienza della politica e delle grandi imprese energetiche sulla necessità di adattarsi ai due principali driver del settore: lo sviluppo tecnologico, che ha avuto lo straordinario effetto della riduzione dei costi delle rinnovabili e la necessità di adattamento a misure di contenimento delle emissioni di gas serra. Tecnologia e protezione del clima che, a livello internazionale, si muovono in parallelo.

Due driver potenti ai quali il settore elettrico italiano sembra rispondere sia a livello istituzionale, sia a livello delle grandi imprese energetiche pubbliche e private con iniziative e misure regolatorie “promettenti”.

Segnali che possiamo cogliere nel Governo attraverso le iniziative del Mise e del ministero dell’Ambiente, nell’Aeegsi, del Gse, dell’Enel, della Erg, di Terna, di Falck, di Edison e di tutti gli innumerevoli operatori minori che attraverso continue nuove iniziative “di mercato” si stanno adeguando ai nuovi scenari.

La Strategia energetica nazionale recentemente presentata in Parlamento dal ministro Calenda propone obiettivi di breve e di medio termine: in particolare per il 2030 facendo propri tutti quelli fissati anche in sede EU tra i quali si sottolinea un “rilancio” delle rinnovabili. Sarebbe stato impensabile solo poco tempo leggere di misure per favorire l’accumulo elettrico, la mobilità elettrica, l’aumento dell’autoconsumo, la riduzione progressiva dell’utilizzo del carbone e dei combustibili fossili pesanti. Un’impostazione comunque innovativa rispetto al passato che, se poi realizzata, segna un “cambio di passo” molto significativo.

Meno clamore, ma altrettanto importante è la recente delibera dell’Aeegsi in merito alla possibilità di aprire il cosiddetto mercato del dispacciamento elettrico (Msd) alle fonti rinnovabili non programmabili (Fernp). Una delibera per i veri addetti ai lavori che dopo anni di attesa avvia l’ingresso del fotovoltaico e dell’eolico al mercato dei servizi di rete. Un segno forte del riconoscimento che le Fernp hanno raggiunto un livello di maturità tecnologica e di capacità di gestione  (un aspetto non sufficientemente tenuto in conto, ma di crescente importanza economica) tale da essere inserite, a tutti gli effetti, tra le fonti di energia elettriche di primaria importanza.

L’Authority introduce la possibilità della creazione di Unità virtuali abilitate (Uva) sia di produzione, ma anche di consumo. Apre alla possibilità che anche unità di produzione fotovoltaica od eolica di potenza unitaria superiore ai 55kW (quindi molto piccola rispetto a quanto si era immaginato solo poco tempo fa) possano concorrere a costituire un Uva e partecipare al mercato Msd. Apre alla possibilità di inserire unità di accumulo elettrochimico (considerate unità di produzione) in un Uva o in situazione di autonomia ed collegate alla rete. Apre anche alla costituzione di Unità virtuali di consumo (Uvac) cioè di consumatori tra loro collegati e rappresentati, rispetto alla rete, da un solo soggetto: di fatto una completa apertura alla costituzione di Riu.

Si può iniziare subito con Progetti pilota che, sotto il controllo tecnico di Terna, saranno autorizzati dalla stessa Authority con l’obiettivo di “verificare sul campo” gli effetti sulla gestione della rete (è evidente la necessità d’innovazione digitale) e sulla generale sicurezza degli approvvigionamenti.

Anche dal fronte Gse appare un’apertura che vale la pena di sottolineare specialmente alla luce di quanto “il mercato ha percepito fino a qualche giorno fa”. E’ noto a tutti che, dopo la fine del periodo di concessione degli incentivi al fotovoltaico e lo stretto controllo degli incentivi all’eolico, si è registrato in Italia il prevedibile crollo del mercato e, con il cambio al vertice, un accentuarsi degli accertamenti sugli impianti fotovoltaici in esercizio. Ne è seguito un aumento degli interventi “correttivi” da parte dello stesso Gse: in pratica revoca o sospensioni del versamento dei contributi in tutti i casi nei quali si siano riscontrate irregolarità. La questione è cresciuta di dimensione tanto da far richiedere da parte di gruppi di operatori “una sanatoria” almeno sulle questioni di minor rilevanza. Ma questa richiesta non ha mai fatto molta strada ed è rimasta nelle intenzioni di chi la proponeva. D’altra parte si deve comprendere che il GSE non avrebbe istituzionalmente potuto decidere nulla in questioni di questo genere che, forse, per essere risolte, avrebbero avuto bisogno di una legge che nessuno ha mai veramente avuto intenzione di proporre.

Con oltre 800 contenziosi aperti e ricorsi ai diversi Tribunali amministrativi e cause penali, si è creato tra gli addetti ai lavori, la convinzione dell’esistenza di un “rischio Gse” che, specialmente sul mercato secondario è preso in seria considerazione. Ma con un po’ di oggettività e fuori dalle polemiche si deve riconoscere che siano stati fatti,  nella realizzazione degli impianti fotovoltaici, errori gravi e meno gravi le cui cause sono note a tutti. Quello che, in questa nuova fase più matura dell’intero settore, dobbiamo riconoscere è che i peccati “originali” si possono sanare e che il Patrimonio fotovoltaico italiano (Pfi) stia diventando un valore del nostro Paese.

In questo senso è stato accolto molto bene da tutti gli operatori professionisti la recente pubblicazione da parte del Gse del documento denominato “Interventi di manutenzione e ammodernamento tecnologico per gli impianti fotovoltaici”. Un documento che permette molte azioni di “sistemazione” del parco fotovoltaico installato in Italia, lasciando ampio spazio alle misure da intraprendere per ripristinare, per quanto possibile, le prestazioni dell’originale potenza installata. Anzi, oltre alla possibilità di aumentare dell’1% la potenza dichiarata in sede di richiesta di concessione degli incentivi, lascia la possibilità di sostituire gli elementi di produzione, rinnovando anche i moduli e altri componenti sempre nel quadro autorizzativo esistente. Su questo documento si è scritto tanto da parte di molti operatori e sono ancora in corso e programmati convegni ed incontri a diverso livello, ma una cosa è certa: le misure ammesse sono una novità e sono generatrici di nuove opportunità di lavoro per molti operatori del settore.

Se da un lato s’intensificano i controlli, dall’altro si garantisce la possibilità di riportare la produzione elettrica da fotovoltaico a quanto previsto dalle potenze nominali installate (e qualcosina di più): nel complesso, eliminati gli eccessi sugli errori marginali, possiamo condividere una politica pubblica che intende “sistemare” sia tecnicamente, sia sugli aspetti normativi il Pfi.

A mio avviso c’è materia nuova sufficiente per poter dire che le rinnovabili abbiano convinto la grandissima maggioranza degli operatori e della pubblica opinione e che possa iniziare una fase completamente nuova dei rapporti tra i diversi portatori di interessi. Una fase dove non c’è più spazio per l’improvvisazione, né per la speculazione di breve periodo. Una fase dove le tecnologie ed i sistemi elettrici richiedono innovazione e obiettivi condivisi, dove la parola chiave è diventata “Integrazione”.

Non è un caso infatti che operatori, produttori di energia, di servizi e di componenti abbiano recentemente deciso di unire la rappresentazione dei propri interessi nella nuova “Elettricità Futura”. La fusione per incorporazione di assoRinnovabili in Assoelettrica per dar vita alla nuova associazione imprenditoriale cui aderiscono i maggiori operatori energetici nazionali e centinaia di piccole imprese proprietarie di know-how tecnologico ed operativo nel settore delle Fernp.

E’ la fine dei compartimenti stagni, delle divisioni in fazioni diverse ed è il riconoscimento che, per la gran parte, la trasformazione dei sistemi elettrici nazionali necessità di un’unità d’intenti tra chi occupa posizioni di mercato in progressivo declino e chi si deve conquistare con fatica lo spazio che la tecnologia e l’economia del settore richiedono.

Ne potrebbe uscire, per una volta, un Paese leader nella rapida trasformazione di un sistema elettrico complesso e moderno capace di uscire dal proprio guscio ed esportare il prezioso know-how di prodotti e servizi sui grandi mercati internazionali.

Giovanni Simoni

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