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È tempo di chiedersi: come possiamo bilanciare progresso tecnologico e sostenibilità finanziaria in un’era di incertezze economiche? Mentre il mondo discute sull’urgente necessità di una transizione energetica verso fonti rinnovabili, l’adattamento ai nuovi contesti economici e la necessità di investimenti ingenti potrebbero rallentare queste ambizioni.


Se è vero che, come suggerisce l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), dobbiamo accelerare con i tempi verso la transizione green e gli obiettivi posti da molte nazioni, tra cui l’Unione Europea, è anche vero che la geopolitica, i dazi, la de-globalizzazione, un rinovato protezionismo economico nella produzione delle merci, primi fra tutti i pannelli fotovoltaici che vedono contrapposta l’egemonia e la concorrenza della produzione cinese, con le aziende del vecchio continente, l’inflazione che resta difficile da abbattere, le materie prime energetiche fossili che tornano ad apprezzarsi, come faremo a mantenere sostenibile dal punto di vista finanziario un’accelerazione verso una produzione energetica “zero emission”? Mentre al G7, il nostro ministro si è mostrato positivo verso un rapido abbandono del carbone, almeno nel nostro Paese Italia, riusciremo a sostituire in modo efficace e competitivo le attuali linee di approvvigionamento dei materiali? Secondo JPMorgan, negli USA potrebbero esservi diverse criticità. Mentre in Europa si va alla ricerca di diversi modelli “finanziari” e politici, mentre di giudica cruciale proprio il tema dell’energia. Per entrambi, ci vuole generalmente molto tempo, forse più di quanto le scadenze green non prevedano.

L’imperativo di una transizione energetica rapida e decisa è chiaro, ma è altrettanto evidente che il percorso verso un futuro a zero emissioni è costellato da sfide notevoli, molte delle quali derivano da un contesto globale complesso e interconnesso. L’Europa, in particolare, si trova a dover navigare un panorama internazionale in cui le tensioni geopolitiche e le politiche protezionistiche influenzano profondamente la capacità di progredire verso gli obiettivi ambientali prefissati.

La crescente concorrenza con la Cina per la produzione di tecnologie essenziali come i pannelli fotovoltaici ha esacerbato il clima di incertezza. L’Europa si sforza di trovare un equilibrio tra il supporto alle proprie industrie e l’apertura ai mercati internazionali, in un periodo in cui le barriere commerciali sembrano rafforzarsi piuttosto che abbattersi. Questo protezionismo emergente, come discusso dal Dr. Birol dell’IEA, non solo rallenta la diffusione delle tecnologie verdi, ma rischia anche di incrementare i costi, complicando ulteriormente gli sforzi di decarbonizzazione (IEA: Europe has taken its energy destiny back into its own hands).

In parallelo, JPMorgan sottolinea la necessità di un “reality check” riguardo la velocità della transizione energetica. La transizione da combustibili fossili a fonti rinnovabili è una trasformazione che richiederà probabilmente generazioni, non solo decenni. Le recenti fluttuazioni economiche globali, gli alti tassi di interesse e l’inflazione hanno reso gli investimenti nel settore energetico meno attraenti, aumentando la pressione sui governi per ridimensionare o rallentare i loro impegni ambientali. Inoltre, il costo stimato di 3-4 trilioni di dollari annui per la transizione globale pone questioni significative sulla sostenibilità finanziaria di questi obiettivi ambiziosi (Financial Times: JPMorgan warns of need for ‘reality check’ on phasing out fossil fuels).

L’instabilità dei prezzi del petrolio dovuta alle tensioni in Medio Oriente serve come monito all’importanza di accelerare la transizione verso fonti energetiche più sicure e sostenibili. Tuttavia, questa transizione si sta rivelando più complessa del previsto. JPMorgan evidenzia che le sfide economiche come l’aumento dei tassi d’interesse e l’inflazione stanno impattando negativamente sulla capacità di ridurre l’uso di combustibili fossili. Inoltre, il banco americano avverte che gli investimenti in energia rinnovabile offrono attualmente rendimenti inferiori e, in un contesto di prezzi energetici elevati, esiste anche il rischio di disordini sociali. La necessità di investimenti massicci potrebbe quindi frenare le ambizioni governative di una transizione rapida, come dimostra la decisione del governo scozzese di abbandonare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni del 75% entro il 2030, dopo che il Comitato sul Cambiamento Climatico del Regno Unito ha dichiarato l’obiettivo irraggiungibile. Queste dinamiche sottolineano la complessità del percorso verso la sostenibilità, che richiede non solo un impegno politico, ma anche un ambiente economico favorevole che al momento sembra vacillante (FT: Reality check for the green transition).

Al di là delle considerazioni finanziarie, l’Europa affronta il problema della dipendenza dalle importazioni di materie prime critiche come il litio e il cobalto, necessarie per le batterie dei veicoli elettrici. Questa dipendenza crea una vulnerabilità comparabile a quella già vissuta con il gas russo, sottolineando la necessità di una maggiore diversificazione e autosufficienza nelle catene di approvvigionamento. La Corte dei Conti Europea ha evidenziato come il divieto delle auto a benzina e diesel entro il 2035 richiederà un impegno considerevole per superare le barriere tecniche e economiche, come il costo proibitivo delle batterie, che attualmente limitano la diffusione delle auto elettriche (Ne abbiamo parlato in un nostro precedente articolo: ECA l’Europa non è pronta alla elettrificazione dei trasporti).

In sintesi, mentre l’Europa e il mondo intero si sforzano di navigare le complesse dinamiche della transizione energetica, diventa imperativo armonizzare gli obiettivi ambientali con strategie economiche e industriali sostenibili. Ciò richiederà non solo ingenti investimenti e innovazioni tecnologiche, ma anche una collaborazione internazionale più stretta e politiche che possano adattarsi rapidamente ai cambiamenti del panorama globale.

Sì, ma fra quanto tempo?

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