La crisi energetica che negli ultimi mesi si sta profilando nello scenario internazionale, con pesanti ricadute che inevitabilmente – al netto di ogni politica che i decisori nazionali applicheranno – graveranno sui consumatori, è un campanello d’allarme che risuona ciclicamente e che dimostra sempre più l’urgenza di accelerare il processo verso un’economia green, per la capacità di produzione dei principali beni di consumo e sostenibile per l’ambiente che da tempo ci presenta rischi sempre più gravi e imminenti.
Un problema da sempre economico, che alla fine del complesso ciclo di “accordi e disaccordi” internazionali, aumento dei costi per la produzione, ricatti e interessi di parte, attinge sempre e comunque dalle tasche dei cittadini la propria compensazione.
L’Europa è ancora una volta in stallo tra la volontà di centralizzare le decisioni e aumentare la propria capacità di negoziazione degli acquisti di gas naturale e di aumenti delle scorte – un po’ come si è potuto fare con i vaccini spinti dalla drammatica pressione della pandemia – e i nazionalismi dei singoli Stati membri che tengono in maggior conto i parametri nazionali, i vantaggi geografici e il loro peso (singolo) sullo scacchiere globale.
Ma a tornare prepotentemente sulla scena delle politiche comunitarie è l’annosa questione dell’indipendenza energetica dell’Europa. Naturalmente alle porte di un inverno che potrebbe essere ancora più rigido del precedente ed erodere ulteriormente l’autonomia degli Stati. Una Germania ostile alla creazione di una riserva di gas naturale comunitaria e nel pieno degli sviluppi sulla vicenda del gasdotto Nord-Stream 2, appena completato con una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi all’anno dalla costa della Russia attraverso il Mar Baltico alla Germania, e una Francia che da un lato appoggia il progetto, ma non perde occasione per intensificare il pressing sul nucleare, uno dei punti “caldi” della propria politica energetica nazionale.
Tutto ciò mentre è in fase di avvio il green bond lanciato dall’Unione Europea con un emissione di 12 miliardi e che ha già ricevuto offerte dagli investitori per 135 miliardi: un punto di svolta nel settore degli investimenti sostenibili che lascerà il segno sui mercati finanziari molto al di là del successo economico del singolo progetto.
In questo complesso panorama politico ed economico viene presentato il nuovo “World Energy Outlook 2021” della International Energy Agency IEA. Un’edizione speciale – commenta l’agenzia – progettata per assistere i decisori alla 26esima Conferenza delle Parti – UN Climate Change Conference (COP26) – descrivendo i punti di decisione chiave che possono spostare il settore energetico su un terreno più sicuro.
Il rapporto fornisce un inventario dettagliato di quanto i paesi hanno fatto nella loro transizione all’energia pulita, di quanto devono ancora fare per raggiungere l’obiettivo di 1,5 °C, e delle azioni che i governi possono intraprendere per cogliere le opportunità ed evitare le insidie lungo questo difficile percorso. Con molteplici scenari e casi di studio, questo WEO spiega cosa c’è in gioco, in un momento in cui il dibattito informato su energia e clima è più importante che mai.
Chiaro il punto di vista della IEA fin dalle note introduttive riguardo alla nuova economia energetica globale che sta emergendo, ma attraverso processi di trasformazione che si profilano lunghi e ancora molto distanti dagli obiettivi fissati al 2050: “I benefici sociali ed economici dell’accelerazione della transizione all’energia pulita sono enormi, e i costi dell’inazione sono immensi”. (Fatih Birol, Direttore Esecutivo di IEA).
Siamo ancora lontani da un percorso che ci darebbe una buona possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C ed evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico. Invece, il consumo globale di carbone e petrolio sta crescendo fortemente quest’anno, spingendo le emissioni di anidride carbonica (CO2) verso il loro secondo più grande aumento annuale nella storia.
A questo link un report riassuntivo redatto direttamente da IEA: https://www.iea.org/reports/world-energy-outlook-2021/executive-summary
“Lo slancio enormemente incoraggiante dell’energia pulita nel mondo si sta scontrando con l’incombenza ostinata dei combustibili fossili nei nostri sistemi energetici”, ha detto Fatih Birol. “I governi devono risolvere questo problema alla COP26 dando un segnale chiaro e inequivocabile del loro impegno a scalare rapidamente le tecnologie pulite e resilienti del futuro.”
“Gli impegni climatici di oggi porterebbero solo al 20% delle riduzioni di emissioni entro il 2030 che sono necessarie per mettere il mondo su un percorso verso lo zero netto entro il 2050”, aggiunge Birol. “Raggiungere quel percorso richiede che gli investimenti in progetti e infrastrutture di energia pulita siano più che triplicati nel prossimo decennio”.
Per la prima volta in un WEO, la domanda di petrolio va verso un eventuale declino in tutti gli scenari esaminati, anche se i tempi e la velocità del calo variano ampiamente. Se tutti gli impegni climatici annunciati oggi sono rispettati, il mondo consumerebbe ancora 75 milioni di barili di petrolio al giorno entro il 2050 – da circa 100 milioni di oggi – ma questo crolla a 25 milioni nello scenario “Emissioni nette zero entro il 2050”. Al contrario, la domanda di gas naturale aumenta in tutti gli scenari nei prossimi cinque anni, anche se questo dato risulta inetto in quanto potrebbe scontare le molte divergenze politiche tuttora in atto.
Gli investimenti insufficienti stanno contribuendo all’incertezza sul futuro. La spesa per il petrolio e il gas naturale è stata depressa dal crollo dei prezzi nel 2014-15 e di nuovo nel 2020. Di conseguenza, è orientata verso un mondo di domanda stagnante o addirittura in calo che le circostanze della pandemia hanno risollevato, ma che potrebbero essere transitorie. Allo stesso tempo tuttavia, la spesa per le transizioni energetiche pulite è molto al di sotto di ciò che sarebbe necessario per soddisfare le esigenze future in modo sostenibile.
Questi investimenti creano anche enormi opportunità economiche. Perseguire con successo la rete zero creerebbe un mercato per le turbine eoliche, i pannelli solari, le batterie agli ioni di litio, gli elettrolizzatori e le celle a combustibile di ben oltre 1 trilione di dollari all’anno entro il 2050, è paragonabile per dimensioni all’attuale mercato del petrolio. Anche in un sistema energetico molto più elettrificato, rimangono grandi opportunità per i fornitori di carburante per produrre e fornire gas a basso contenuto di carbonio. Solo nello Scenario degli impegni annunciati, 13 milioni di lavoratori in più sarebbero impiegati nell’energia pulita e nei settori correlati entro il 2030, mentre quel numero raddoppia nello Scenario “Emissioni nette zero entro il 2050”.
Ora serve un nuovo vaccino “politico”!
Fonte degli interventi virgolettati: IEA