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Negli ultimi anni, il governo italiano ha dichiarato una ferma intenzione di semplificare le procedure burocratiche per incentivare l’installazione di impianti di energia rinnovabile, in linea con le direttive europee. Il Decreto Semplificazioni PNRR 3, entrato in vigore il 22 aprile 2023, rappresenta un passo significativo in questa direzione. Tra le principali novità introdotte, vi sono l’esenzione dalla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per impianti fotovoltaici fino a 30 MW situati in aree idonee fino al 30 giugno 2024, e l’introduzione del silenzio-assenso per le autorizzazioni in aree vincolate se non si riceve risposta entro 45 giorni​ (Ediltecnico)​​​. Tutto sembrava procedere in conformità con la direzione assunta e richiesta a livello europeo.

Dopodiché, abbiamo dovuto assistere ad un cambio di rotta: dapprima a livello economico, dove sono stati modificati i parametri della tassazione per il diritto di sfruttamento di parti di campi attigui a quelli agricoli, da parti terze (operatori energetici), fino ad arrivare al recente Decreto Agricoltura, che introduce modifiche significative.

In particolare, l’articolo 5 del DL Agricoltura prevede il divieto di installazione di impianti fotovoltaici su suolo agricolo, consentendo invece solo impianti agrivoltaici. Questi ultimi sono sistemi che combinano la produzione agricola con la produzione di energia solare, permettendo l’uso sostenibile del terreno senza compromettere l’attività agricola​ (Kenergia)​.

Inoltre, sono state specificate le cosiddette “aree idonee” per l’installazione dei nuovi impianti fotovoltaici, escludendo le zone agricole dai piani urbanistici vigenti. Le aree consentite includono cave e miniere cessate, siti ferroviari, autostradali e aeroportuali, e aree adiacenti alla rete autostradale e agli impianti industriali​​.

A questo punto, il panorama normativo sembra consentire alcune installazioni che, in fase avanzata di progetto, dovrebbero poter ricevere le autorizzazioni “semplificate”, così come promesso dal decreto omonimo.

Tuttavia, un caso reale capitato nei giorni scorsi, ha svelato le criticità ancora in essere da parte della burocrazia regionale che non ha superato alcun vincolo del passato e che di fatto, nel più totale vuoto normativo, blocca anche ciò che è rimasto di queste semplificazioni.

Comparando infatti tutte le disposizioni sopra citate, con le procedure richieste dalla Regione X (che non vogliamo citare per rispetto alle persone che in quella regione lavorano e svolgono quotidianamente il loro dovere), per la realizzazione di un semplice collegamento di 20 metri per un impianto fotovoltaico da 1,7 MW, emerge un notevole contrasto. Le richieste della Regione includono numerosi nulla osta da diverse autorità (Ministero delle Imprese, gestori di servizi pubblici, comando militare, Soprintendenza archeologica, Comune, ARPAM, ecc.), che rappresentano un significativo onere burocratico ed economico aggiuntivo ai fini del progetto.

Nonostante la dichiarata volontà di semplificare, la realtà operativa dimostra che le procedure regionali possono essere ancora molto complesse e onerose, contraddicendo lo spirito del “Decreto Semplificazioni”. Questo evidenzia una discrepanza tra le normative nazionali e la loro applicazione locale, che può rallentare significativamente i progetti di energia rinnovabile.

Tra le richieste, non possiamo non citare:

  1. Nulla osta del Ministero delle Imprese e del Made in Italy
  2. Nulla osta da parte di soggetti gestori di servizi pubblici
  3. Nulla osta Interforze dal Comando Militare Esercito Marche
  4. Nulla osta della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio
  5. Permesso a costruire da parte del Comune di Mondolfo, comprensivo di valutazioni tecniche varie
  6. Valutazioni tecniche dell’ARPAM su campi elettromagnetici e rumore
  7. Nulla osta minerario
  8. Nulla osta dalla Società Snam rete Gas S.p.A.

L’insieme di questi nulla osta e autorizzazioni richiesti mette in luce l’assurdità e la sproporzione delle richieste burocratiche rispetto all’opera in questione. Un cavo interrato di 20 metri per un impianto fotovoltaico rappresenta un intervento di bassissimo impatto ambientale e strutturale, che dovrebbe poter essere realizzato con minime procedure amministrative. Eppure, le richieste includono verifiche e permessi che, se applicati rigorosamente, comportano tempi e costi elevati.

Prendiamo ad esempio il nulla osta minerario. Questo nulla osta si rifà a un decreto del 1933, il Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, che richiede una verifica delle interferenze con le aree delle concessioni minerarie vigenti​. Sebbene ci siano state direttive successive volte a semplificare queste procedure, come la Direttiva Direttoriale dell’11 giugno 2012, la loro applicazione pratica rimane spesso macchinosa e non allineata alle esigenze moderne.

Un altro esempio significativo è il nulla osta della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio, che richiede una verifica preventiva dell’interesse archeologico. Questo tipo di valutazione non solo implica tempi lunghi ma anche costi elevati per le perizie tecniche necessarie.

L’impiego di tecnologie avanzate, come il GEORADAR, potrebbe aiutare a identificare eventuali strutture preesistenti nel sottosuolo. Tuttavia, l’utilizzo di tale strumentazione comporta ulteriori costi: noleggio attrezzatura, personale specializzato, spese per la scansione del terreno e l’interpretazione dei dati raccolti. Inoltre, in molte regioni, è necessario verificare la compatibilità dei progetti con le reti pubbliche esistenti, un’operazione che può richiedere ulteriori studi e autorizzazioni da parte dei gestori dei servizi​​.

È pertanto ovvio che la necessità di coinvolgere numerosi enti e di ottenere molteplici nulla osta rallenta significativamente l’attuazione dei progetti. Il parere ufficiale della Regione evidenzia che, oltre ai nulla osta già citati, il Comune deve coinvolgere la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province per la verifica dell’interesse archeologico, e la società Snam Rete Gas S.p.A. per le interferenze con la rete di trasporto del gas​​.

Addirittura, si parla di una richiesta per un “nulla osta interforze” di competenza del Comando Militare Esercito Marche, che per uno scavo di soli 20 metri appare ridicola, più che sproporzionata.

È evidente che c’è ancora molto da fare per allineare le procedure operative con le dichiarazioni di semplificazione normativa. L’Italia, per realizzare pienamente la transizione energetica auspicata e per essere competitiva nel campo delle energie rinnovabili, deve affrontare e risolvere queste discrepanze tra intenzioni politiche e realtà burocratiche. Solo allora si potrà veramente parlare di una semplificazione efficace che promuove lo sviluppo sostenibile senza gravare gli operatori e quella agricoltura che ci si vanta di proteggere, di oneri inutili e sproporzionati.

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